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Temi dell'attività parlamentare

La legge di riforma delle amministrazioni pubbliche e la sua attuazione

La legge di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (L. 124/2015) ha previsto deleghe legislative volte a riorganizzare ampi settori dell'amministrazione statale e profili della disciplina del lavoro pubblico e del procedimento amministrativo con l'obiettivo di proseguire e migliorare l'opera di digitalizzazione della p.a., di riordinare gli strumenti di semplificazione dei procedimenti nonché di elaborare testi unici delle disposizioni in materie oggetto di stratificazioni normative. In attuazione della legge sono stati approvati numerosi provvedimenti. Alcune disposizioni della legge di delega sono state oggetto della pronuncia di l'illegittimità costituzionale nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, hanno previso che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa ma del semplice parere. A seguito di tale sentenza sono stati adottati alcuni misure legislative integrative e correttive dei decreti delegati che erano stati già emanati.

 
La legge di delega
06/03/2018

Le deleghe legislative contenute nella legge n. 124/2015 hanno riguardato ampi settori dell'ordinamento, tra cui il codice dell'amministrazione digitale; l'istituto della conferenza di servizi; la segnalazione certificata di inizio attività, c.d. SCIA; la trasparenza delle pubbliche amministrazioni, con l'introduzione del diritto di accesso generalizzato sul modello del freedom of information act; il diritto di accesso dei parlamentari ai dati delle pubbliche amministrazioni; i piani e responsabili anticorruzione; la white list antimafia; le intercettazioni;  il ruolo e le funzioni della Presidenza del Consiglio, l'organizzazione dei ministeri, agenzie governative, enti pubblici non economici, uffici di diretta collaborazione dei ministri; riorganizzazione delle funzioni e del personale delle Forze di polizia, del Corpo forestale dello Stato, dei corpi di polizia provinciale, dei Vigili del fuoco, del Corpo delle capitanerie di porto e della Marina militare; il numero unico europeo 112; il pubblico registro automobilistico; la riforma delle prefetture-UTG; l'ordinamento sportivo; le autorità portuali; le camere di commercio; la dirigenza pubblica e i segretari comunali e provinciali; gli enti pubblici di ricerca; il lavoro pubblico; le società partecipate da pubbliche amministrazioni; i servizi pubblici locali; il processo davanti alla Corte dei conti. Gran parte delle deleghe hanno trovato attuazione nell'arco del 2016, mentre per alcune il termine è scaduto prima dell'adozione dei relativi decreti legislativi.

La legge di riforma della p.a. ha disposto altresì una serie di misure di diretta applicazione. Tra queste, le disposizioni per la la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi attinenti alle attività produttive e la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, materia quest'ultima affidata a misure organizzative delle singole amministrazioni sulla base degli indirizzi indicati dal Presidente del Consiglio con propria direttiva a tal fine adottata.

 
I provvedimenti di attuazione
  • 1 focus
  • 4 risorse web
06/03/2018

 Il processo attuativo ha visto l'adozione di numerosi decreti legislativi vertenti su ampi e diversi settori dell'ordinamento, di cui la tabella allegata reca un elenco complessivo.

Le finalità della riforma, anche alla luce degli indirizzi espressi dall'OCSE e degli obiettivi di efficienza, semplificazione e trasparenza della p.a., sono state richiamate, tra gli altri, nel parere reso dal Consiglio di Stato su uno dei primi schemi di decreto trasmessi dal Governo.

Azione amministrativa

Un primo gruppo di provvedimenti ha riguardato una serie di interventi miranti a sostenere e modernizzazione l'attività amministrativa, in attuazione degli articoli 1, 2, 4, 5 e 7 della legge delega.

In particolare, sono state revisionate le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, con l'introduzione, tra l'altro, del freedom of information act (D.Lgs. 97/2016) e sono state apportate diverse modifiche al codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. 179/2016).

Sul versante della semplificazione dei procedimenti amministrativi rileva l'adozione del D.P.R. 194/2016 e di due provvedimenti in materia di segnalazione certificata di inizio attività – SCIA (D.Lgs. 126 e 222/2016).

Infine, si ricorda il riordino della conferenza di servizi (D.Lgs. 127/2016).

 

Organizzazione della pubblica amministrazione

Il nucleo centrale della riforma ha previsto deleghe legislative (di cui all'art. 8 della legge) incidenti su grande parte dell'organizzazione dell'amministrazione statale, quali la revisione del ruolo e delle funzioni della Presidenza del Consiglio, dell'organizzazione dei ministeri, delle agenzie governative, degli enti pubblici non economici, delle prefetture, delle Forze di polizia.

In sede di attuazione, molteplici interventi hanno riguardato il comparto sicurezza con il riordino delle funzioni delle forze di Polizia e l'assorbimento delle funzioni del Corpo forestale dello Stato (D.Lgs. 177/2016 e D.Lgs. 228/2017), la revisione dei ruoli delle Forze di Polizia (D.Lgs. 95/2017) e la riforma dell'ordinamento dei Vigili del fuoco (D.Lgs. 97/2017).

Altri provvedimenti hanno riguardato le Autorità portuali (D.Lgs. 169/2016), il Comitato italiano paralimpico (D.Lgs. 98/2017) e il Documento unico di circolazione (D.Lgs. 98/2017).

 

Lavoro pubblico

 Anche il settore del pubblico impiego (artt. 16 e 17 della legge delega) è stato oggetto del processo di riforma, principalmente attraverso una ampia rivisitazione del testo unico del pubblico impiego ad opera del D.Lgs. 75/2017.

Coinvolti nella riforma anche specifici aspetti del lavoro pubblico quali la valutazione della performance (D.Lgs. 74/2017) e la regolamentazione del licenziamento disciplinare (D.Lgs. 116/2016).

Il riordino della dirigenza pubblica (oggetto dell'art. 11 della legge delega) ha trovato parziale attuazione con la riforma della dirigenza sanitaria (D.Lgs. 171/2016 e D.Lgs. 126/2017), mentre non è stato emanato il decreto relativo alla disciplina della dirigenza della Repubblica (trasmesso dal Governo alle Camere le quali hanno espresso il prescritto parere) a seguito della sentenza n. 251 del 2016 della Corte costituzionale con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa ma del semplice parere.

 Da parte del Governo sono state altresì adotate linee guida in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (direttiva del P.C.M. 1° giugno 2017, n. 3, in attuazione dell'art. 14 della legge delega).

 

Società a partecipazione pubblica

 La legge delega ha disposto due deleghe per l'adozione di altrettanti testi unici. La prima è stata attuata con l'adozione di un testo unico che raccoglie tutte le disposizioni in materia di società partecipate da pubbliche amministrazioni (D.Lgs. 175/2016 e D.Lgs. 100/2017).

Non è stato emanato l'analogo testo unico dei servizi pubblici locali, a seguito della ricordata pronuncia della Corte costituzionale 251/2016.

 

Altri provvedimenti

Hanno completato  il quadro dell'attuazione della legge delega il riordino delle camere di commercio (D.Lgs. 219/2016), la riforma degli enti pubblici di ricerca (D.Lgs. 218/2016), l'adozione del Codice di procedura della giustizia contabile (D.Lgs. 174/2016) e un intervento di semplificazione normativa attraverso la modifica o abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione (D.Lgs. 10/2016).

 

I decreti correttivi

La legge di delega ha previsto che il Governo può adottare, entro 12 mesi dalla entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di attuazione della riforma, ulteriori decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.

A seguito della sentenza n. 251 del 2016 e tenuto conto del parere reso dal Consiglio di Stato sono stati adottati alcuni decreti legislativi integrativi e correttivi dei decreti, già adottati, su cui era intervenuta la pronuncia della Corte costituzionale (società partecipate, dirigenza sanitaria, procedure di licenziamento disciplinare).



Focus
Documenti e risorse WEB
 
Abrogazione delle disposizioni di rinvio a provvedimenti non attuati
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
06/03/2018

Il decreto legislativo 22 gennaio 2016, n. 10 costituisce il primo provvedimento di attuazione della legge 124/2015. Esso attua l'articolo 21 della legge che delega il Governo ad adottare, entro 90 giorni dalla entrata in vigore (quindi entro il 26 novembre 2015) uno o più decreti legislativi per l'abrogazione o la modifica di disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi.

Finalità alla base del provvedimento è quella di eliminare dall'ordinamento - per esigenze di chiarezza e semplificazione normativa - tutte quelle disposizioni che non hanno trovato poi sviluppo normativo nella fase attuativa.

Dossier
Atti del Governo
 
Trasparenza e prevenzione della corruzione
  • 1 Atto Governo
  • 3 dossier,
  • 4 risorse web
  • 1 rimando
06/03/2018

Il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 recante disposizioni per la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione e di pubblicità e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, è stato emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 7, comma 1, della legge 124/2015 di riforma della pubblica amministrazione.

Nell'adottare in via definitiva il provvedimento, il Governo ha tenuto conto dei pareri resi dalle competenti Commissioni di Camera e Senato sulo schema di decreto (Atto del Governo n. 267). Si veda in proposito il dossier sull'esito dei pareri al Governo.

Il decreto interviene su due provvedimenti: il decreto legislativo 33/2013, recante il riordino della disciplina in materia di trasparenza; e la c.d. legge Severino (legge 190/2012, si tratta della legge che ha conferito diverse deleghe al Governo, tra cui quella attuata con il D.Lgs. 33/2013). Vengono modificate, in particolare, le disposizioni relative al Piano nazionale anticorruzione, e ai piani per la prevenzione della corruzione predisposti dalle singole amministrazioni .

 Tra le principali innovazioni introdotte, vi è l'introduzione del nuovo diritto di accesso (accesso civico) ai documenti delle pubbliche amministrazioni - sul modello del Freedom of Information Act - FOIA statunitense - basato sulla possibilità di chiunque di accedere alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, ad esclusione di un elenco tassativo di atti sottoposti a regime di riservatezza. Rimane fermo il diritto di accesso, introdotto dal D.Lgs. 33/2013, alle informazioni per le quali esiste l'obbligo di pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni.

Inoltre, sono previste diverse misure di riduzione degli oneri e di semplificazione delle procedure in materia di pubblicità da parte delle pubbliche amministrazioni. Tra queste particolarmente rilevante è la possibilità di sostituire la pubblicazione di informazioni con l'accesso libero alle banche dati detenute dalle p.a. 

Nella stessa ottica di semplificazione, la soppressione dell'obbligo di adottare il piano triennale per la trasparenza e l'integrità da parte di ciascuna amministrazione.

Sul versante della prevenzione della corruzione, si segnala il trasferimento della competenza dell'adozione di Piano nazionale anticorruzione dal Dipartimento della funzione pubblica all'Autorità nazionale anticorruzione.

In attuazione di tali disposizioni, l'Autorità anticorruzione ha emanato, il 28 dicembre 2016, le Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all'accesso civico e le Prime linee guida recanti indicazioni sull'attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni.

Dossier
Atti del Governo
Documenti e risorse WEB
Vedi anche
 
Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)
  • 2 Atti Governo
  • 2 dossier
  • 1 rimando
06/03/2018

La legge delega di riforma delle pubbliche amministrazioni (legge n. 124/2015) , approvata nel corso della XVII legislatura, ha introdotto alcune disposizioni volte a semplificare i procedimenti amministrativi in favore dei cittadini e delle imprese. Con tale finalità, in particolare, la delega ha previsto (art. 5):

  1. la precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o di silenzio assenso, nonché quelli per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa e di quelli per quali è sufficiente una comunicazione preventiva;
  2. l'introduzione di una disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa. Per espressa previsione del legislatore delegante, tale disciplina deve includere: le modalità di presentazione e i contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica; gli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti; l'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda.

In sede di attuazione, sono stati adottati due decreti legislativi.

Il primo di essi (D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 126) contiene alcune disposizioni generali applicabili ai procedimenti relativi alle attività non assoggettate ad autorizzazione espressa (cd. SCIA 1). Le novità principali sono tre.

In primo luogo, viene rafforzato l'obbligo per le amministrazioni di predisporre moduli unificati e standardizzati che definiscono, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni, nonché i contenuti della documentazione da allegare. E' introdotto l'obbligo di pubblicare sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione sia i moduli, sia l'elenco degli stati, qualità personali e fatti oggetto di dichiarazione sostitutiva, di certificazione o di atto di notorietà, nonché delle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati o delle dichiarazioni di conformità dell'Agenzia delle imprese, necessari a corredo della segnalazione.

In secondo luogo, il decreto introduce norme generali sulle modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni: in particolare, è introdotto l'obbligo per le amministrazioni di rilasciare una ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza, comunicazione o segnalazione, anche in via telematica.

La terza novità è rappresentata dalla introduzione di una disciplina per le ipotesi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche,ovvero atti di assenso o pareri da parte di altre amministrazioni. Per evitare che la stessa SCIA diventi più complicata del procedimento ordinario a causa dei numerosi atti presupposti, lo schema di decreto prevede una concentrazione dei regimi amministrativi, in base alla quale: 

  1. nei casi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, l'interessato presenta un'unica SCIA e l'attività può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione (cd. SCIA unica). Spetta all'amministrazione che riceve la SCIA di trasmetterla alle altre amministrazioni interessate, al fine di consentire il controllo sulla sussistenza dei presupposti e requisiti di loro competenza.
  2. nei casi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA sia necessaria l'acquisizione di atti di assenso, comunque denominati, o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, è prevista, dopo la presentazione della SCIA, la convocazione della conferenza di servizi.

L'attuazione della delega è proseguita con il decreto legislativo 5 novembre 2016, n. 222 (cd. SCIA 2), che provvede alla mappatura e alla individuazione delle attività oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso e introduce le conseguenti disposizioni normative di coordinamento. Inoltre il decreto detta alcune disposizioni volte alla semplificazione dei regimi amministrativi in materia edilizia.

Dossier
Atti del Governo
Vedi anche
 
Licenziamento disciplinare dei dipendenti pubblici
06/03/2018

Il D.Lgs. 116/2016 (adottato in attuazione dell'art. 17, co. 1, lett. s), della legge 124/2015 in materia di riforma della Pubblica amministrazione) ha introdotto norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare.

In particolare, intervenendo su quanto previsto in materia dal D.Lgs. 165/2001, il richiamato D.Lgs. 116/2016amplia la portata della fattispecie disciplinare relativa alla falsa attestazione della presenza in servizio, (art. 55-quater, c. 1, lett. a), del D.Lgs. 165/2001), al fine di far valere anche la responsabilità di coloro che abbiano agevolato, con la propria condotta attiva od omissiva, la condotta fraudolenta e specifica che costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione circa il rispetto dell'orario di lavoro;

Inoltre, in caso di falsa attestazione della presenza in servizio, il D.Lgs. 116/2016:

  • prevede la sospensione cautelare (in via immediata o comunque entro 48 ore), senza stipendio, del dipendente pubblico;
  • introduce un procedimento disciplinare accelerato che deve concludersi entro 30 giorni innanzi all'ufficio per i procedimenti disciplinari;
  • introduce l'azione di responsabilità per danni di immagine della P.A. nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare;
  • amplia la responsabilità disciplinare dei dirigenti o, negli enti privi di qualifica dirigenziale, dei responsabili di servizio competenti. In particolare, si prevede che le condotte omissive senza giustificato motivo (omessa attivazione del procedimento disciplinare; omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare) costituiscono illeciti disciplinari punibili con il licenziamento

Successivamente, anche il D.Lgs. 75/2017 (adottato in attuazione degli articoli 16, commi 1, lettera a), 2, lettere b), c), d) ed e), e 4, e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l), m), n), o), q), s) e z), della richiamata legge 124/2015 in materia di riforma della Pubblica amministrazione) è intervenuto in materia di licenziamenti disciplinari nella P.A., modificando ulteriormente il predetto art. 55-quater del D.Lgs. 165/2001.

L'articolo 15 del D.Lgs. 75/2017, in primo luogo, integra l'elenco dei casi nei quali si applica, comunque, la sanzione del licenziamento disciplinare, includendovi:

  • le ipotesi di gravi e reiterate violazioni dei codici di comportamento;
  • il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare dovuta all'omissione, con dolo o colpa grave, degli atti del procedimento disciplinare (di cui all'articolo 55-sexies, comma 3);
  • lo scarso rendimento del dipendente nei cui confronti sia già stata irrogata, allo stesso titolo, una sanzione disciplinare conservativa nell'arco dei due anni precedenti, nonché la reiterata valutazione negativa della performance del dipendente nell'arco dell'ultimo triennio, rilevata ai sensi del decreto legislativo n.150 del 2009.

Inoltre, si prevede che le disposizioni relative alla sospensione cautelare e senza stipendio, al procedimento disciplinare accelerato, all'azione di responsabilità per danni di immagine della P.A. e alla responsabilità dirigenziale, si applichino non solo nei casi di "falsa attestazione in servizio della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente", ma anchenei casi in cui tutte le condotte punibili con il licenziamento siano accertate in flagranza.

Ulteriori modifiche al richiamato articolo 55-quater del D.Lgs. 165/2001 sono state introdotte dal decreto legislativo n.75/2015. Il provvedimento interviene, in primo luogo, sulle procedure da seguire a seguito dell'avvio del procedimento per il licenziamento disciplinare nei casi di "falsa attestazione della presenza in servizio" e sull'azione di responsabilità per danno di immagine alla P.A. esercitata dalla Corte dei Conti, prevedendo:

  • l'ampliamento (da 15) a 20 giorni del termine, decorrente dall'avvio del procedimento disciplinare, entro il quale deve essere fatta la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei Conti;
  • l'ampliamento (da 120) a 150 giorni del termine, decorrente dal momento in cui la denuncia perviene alla Corte dei Conti, entro il quale la Corte medesima, nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, può esercitare l'azione di responsabilità per danno di immagine nei confronti del dipendente.

In secondo luogo, riguardo alla procedura in materia di licenziamento disciplinare, prevede che i provvedimenti relativi alla sospensione cautelare senza stipendio del dipendente per falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, alla immediata contestazione per iscritto dell'addebito e convocazione del dipendente dinanzi all'ufficio competente pre i procedimenti disciplinari e i provvedimenti conclusivi dei procedimenti disciplinari, siano comunicati all'Ispettorato per la funzione pubblica entro 20 giorni dalla loro adozione.

Si ricorda, infine, che l'articolo 1, comma 218, della L. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) introduce il divieto di demansionamento, licenziamento, trasferimento o sottoposizione ad altra struttura con effetti negativi sulle condizioni di lavoro per le lavoratrici ed i lavoratori che agiscano in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestie o molestie sessuali poste in essere in violazione dei relativi divieti in materia contenuti nello Codice dele pari opportunità, disponendo, inoltre, la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto denunciante, nonché il mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 c.c . (relativo alle mansioni del lavoratore) e qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante. Le richiamate tutele non sono comunque garantite in caso sia accertata (anche con sentenza di primo grado) la responsabilità penale del denunciante per calunnia, diffamazione o infondatezza della denuncia.

 
Conferenza di servizi
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
06/03/2018

La conferenza di servizi è uno strumento di semplificazione attivabile dalle pubbliche amministrazioni quando siano coinvolti vari interessi pubblici in un procedimento amministrativo o in più procedimenti connessi riguardanti i medesimi risultati e attività amministrativa, suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi procedurali. La disciplina dell'istituto è fissata, in via generale, dagli articoli 14 e seguenti della L. n. 241/1990. Tale normativa è stata oggetto di ripetuti interventi correttivi tesi ad assicurare gli effetti di semplificazione e tempestività dell'azione amministrativa ai quali l'istituto è ispirato.

Anche nella XVII legislatura sono state approvate alcune modifiche e, da ultimo, la legge delega per la riforma delle amministrazioni pubbliche ha affidato al Governo il compito di riordinare l'intera disciplina della conferenza di servizi in modo da:

  • ridurre i casi di convocazione obbligatoria;
  • semplificare e rendere più celeri i tempi della conferenza, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici, nonchè assicurare che qualsiasi tipo di conferenza abbia una durata certa;
  • rivedere i meccanismi decisionali, con la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse, di meccanismi di silenzio assenso e di superamento del dissenso;
  • introdurre modelli di istruttoria pubblica, per garantire la partecipazione degli interessati al procedimento;
  • introdurre strumenti di composizione degli interessi pubblici in caso di partecipazione di amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, che assicurino comunque la conclusione del procedimento entro i termini previsti (v. art. 2, L. 124/2015).

In attuazione della delega, il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, ha interamente riscritto la disciplina gli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990. La nuova disciplina distingue due modelli di conferenza decisoria, caratterizzati da diverse modalità di svolgimento:

  • la conferenza cd. semplificata, in modalità "asincrona", rappresenta la modalità ordinaria di conferenza, che si svolge senza riunione, bensì mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni, e delle determinazioni, secondo il procedimento delineato dall'art. 14-bis della L. n. 241/1990;
  • la conferenza cd. simultanea ed in modalità sincrona (con riunione), secondo il procedimento delineato dall'art. 14-ter della L. n. 241/1990. Tale modalità si svolge nei soli casi indicati dalla legge. In particolare, l'amministrazione procedente può convocare direttamente la conferenza simultanea ove necessario, nei casi di particolare complessità della decisione da assumere, ovvero può procedere su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato (art. 14-bis, co. 7). Fuori da tali ipotesi, la conferenza si svolge in modalità simultanea qualora, in sede di conferenza semplificata, l'amministrazione procedente ha acquisito atti di assenso o dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale (art. 14-bis, co. 6).

Altra novità è rappresentata dalla riduzione dei termini procedimentali e delle modalità di svolgimento della conferenza. Innanzitutto, le istanze, la relativa documentazione e le comunicazioni avvengono in modalità telematica.

Per quanto riguarda i termini, in caso di conferenza semplificata, è stabilito un termine perentorio, comunque non superiore a 45 giorni (90 per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute), entro il quale le amministrazioni coinvolte sono tenute a rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza. Inoltre, la mancata comunicazione delle determinazioni da parte delle amministrazioni coinvolte entro il termine perentorio, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti indicati, equivalgono ad assenso senza condizioni, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'UE richiedono l'adozione dei provvedimenti espressi.

In caso di conferenza simultanea, la nuova disciplina prevede che, ove alla conferenza siano coinvolte amministrazioni dello Stato e di altri enti territoriali, a ciascun livello le amministrazioni convocate alla riunione sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione delle amministrazioni stesse (cd. rappresentante unico). Il rappresentante unico delle amministrazioni statali è nominato dal Presidente del Consiglio o, in caso di amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalità di designazione del rappresentante unico delle amministrazioni riconducibili a quella regione o a quell'ente (art. 14-ter, co. 4-5). I lavori della conferenza simultanea si concludono non oltre 45 giorni decorrenti dalla data della prima riunione (90 giorni nel caso in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute). Anche in questo caso, sono introdotti meccanismi di silenzio assenso: infatti, si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresenatante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione ovvero abbia espresso un dissesnso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

Inoltre, la nuova disciplina conferma la possibilità per le amministrazioni che curano interessi sensibili (preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute), in caso di dissenso, di rimettere la decisione alla Presidenza del Consiglio dei ministri per trovare un'intesa, ma riscrive interamente il procedimento, abbreviando anche in tal caso i termini.

Dossier
Atti del Governo
 
Società partecipate delle pubbliche amministrazioni
  • 3 Atti Governo
  • 3 dossier
  • 2 rimandi
06/03/2018

La legge di riforma della pubblica amministrazione (articoli 16 e 18 della legge 7 agosto 2015 n, 124) ha previsto una delega per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche. In attuazione della delega è stato emanato il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 recante il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Il testo unico risulta composto:

  • da disposizioni introduttive recanti indicazione dell'oggetto e dell'ambito di applicazione del testo unico (art. 1), formulazione delle definizioni (art. 2), individuazione dei tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica (art. 3); l'individuazione delle tipologie di società è completata dagli artt. 16, 17 e 18, dedicati, rispettivamente, alle società in house, alle società miste pubblico-private, al procedimento di quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati;
  • disposizioni volte a definire condizioni e limiti delle partecipazioni pubbliche, nonché a ridefinire le regole per la costituzione di società o per l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche, e di alienazione di partecipazioni pubbliche (artt. da 4 a 10);
  • disposizioni in materia di organi di amministrazione e di controllo delle società a controllo pubblico, con riferimento ai seguenti profili: alla governance societaria, ai requisiti dei componenti degli organi di amministrazione e ai compensi dei membri degli organi sociali (art. 11); regime di responsabilità dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti (art. 12); regime di controllo, con riguardo all'attivazione del controllo giudiziario (art. 13), alla prevenzione della crisi di impresa (art. 14) al controllo e monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
  • disposizioni volte a incentivare l'economicità e l'efficienza mediante l'introduzione di procedure di razionalizzazione periodica e di revisione straordinaria (artt. 20 e 25), di gestione del personale (art. 19), di specifiche norme finanziarie per le partecipate degli enti locali (art. 21), di promozione della trasparenza.

Sulle disposizioni di delega è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016, che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede che il Governo adotta i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anzichè previa intesa, in sede di Conferenza unificata. La Corte è giunta a tale conclusione nel presupposto che l'intervento operato dal legislatore statale con l'articolo 18 della legge delega, finalizzato a dettare una disciplina organica delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche, coinvolge, inevitabilmente, profili pubblicistici, che attengono alle modalità organizzative di espletamento delle funzioni amministrative e dei servizi riconducibili alla competenza residuale regionale, anche con riguardo alle partecipazioni degli enti locali che non abbiano come oggetto l'espletamento di funzioni fondamentali. Tale intervento coinvolge anche profili privatistici, inerenti alla forma delle società partecipate, che trova nel codice civile la sua radice, e aspetti connessi alla tutela della concorrenza, riconducibili alla competenza esclusiva del legislatore statale.

Da qui la "concorrenza" di competenze statali e regionali, disciplinata mediante l'applicazione del principio di leale collaborazione. Ai principi e criteri direttivi il Governo deve dare attuazione solo dopo aver svolto idonee trattative con Regioni e enti locali nella sede della Conferenza unificata.

La Corte ha precisato di aver circoscritto il proprio scrutinio solo alle disposizioni di delega specificamente impugnate, lasciando fuori le norme attuative. Le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell'esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione.

In seguito alla pronuncia della Corte, il 20 marzo 2017 il Governo ha adottato il decreto legislativo n. 100 del 2017, correttivo del Testo unico.

Sullo schema di decreto legislativo (A.G. 404),  al fine di sanare il vizio procedurale rilevato dalla pronuncia, il Governo aveva previamente richiesto l'intesa in sede di conferenza unificata, intervenuta il 16 marzo 2017. Le competenti Commissioni di Camera e Senato si sono poi espresse favorevolmente sullo schema il successivo 2 maggio - con alcune condizioni ed osservazioni.

Oltre al posticipo di termini per la effettuazione di talune operazioni di ricognizione delle partecipazioni societarie e del personale ed alla introduzione dell'intesa in Conferenza unificata per l'adozione di alcuni decreti ministeriali previsti dal T.U. medesimo, tra le principali modifiche introdotte al Testo unico  ad opera del decreto correttivo possono in rapida sintesi segnalarsi le seguenti: -  l'attività di autoproduzione di beni e servizi può essere strumentale agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni; - sono ammesse le partecipazioni nelle società aventi per oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili ed, inoltre, è consentito alle università di costituire società per la gestione di aziende agricole con funzioni didattiche; che, nel caso di partecipazioni regionali o delle province autonome, l'esclusione di singole società dall'applicazione della disciplina può essere disposta dal Presidente della regione o della provincia autonoma; - per le amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società viene prevista, a determinate condizioni, la facoltà di riassorbimento del personale già dipendente dalle amministrazioni stesse  con rapporto di lavoro a tempo indeterminato; - la possibilità per le amministrazioni pubbliche di acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi di interesse economico generale fuori dall'ambito territoriale della collettività di riferimento, purché tali società abbiano in corso o ottengano l'affidamento del servizio tramite procedure a evidenza pubblica; - resta fermo in ogni caso l'applicazione di quanto previsto per le società in house, ivi compreso il vincolo per tali società  che oltre l'80% del fatturato derivi dai compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci;  - che ai fini dell'applicazione del criterio del fatturato medio non superiore al milione di euro, il primo triennio rilevante sia il triennio 2017-2019 e, nelle more della prima applicazione di tale criterio, si considerino rilevanti  le partecipazioni in società che nel triennio antecedente all'adozione di tali misure abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a cinquecentomila euro.

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Autorità portuali
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
06/03/2018

Il D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 169, dispone la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali, in attuazione dell'articolo 8 della legge 124/2015 - recante una ampia delega per la riorganizzazione complessiva dell'amministrazione dello Stato - ed in particolare della lettera f), che ha per oggetto la disciplina del CONI e delle autorità portuali.

Il provvedimento istituisce 15 Autorità di Sistema Portuale (AdSP)  che subentreranno alle Autorità portuali cessate, nella proprietà e nel possesso dei beni ed in tutti i rapporti in corso, ivi compresi quelli lavorativi.

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Dirigenza sanitaria
  • 2 Atti Governo
  • 1 dossier
06/03/2018

Il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, introduce nuove disposizioni in materia di dirigenza sanitaria in attuazione dell'articolo 11, comma 1, lettera p) della legge 124/2015.

Le norme modificano il sistema vigente di conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore sanitario e di direttore amministrativo e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi socio-sanitari delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di disciplinare le procedure di nomina, valutazione e decadenza in base a principi di trasparenza e di merito.

Il provvedimento attua una parte dell'articolo 11 della delega che prevede una complessiva riforma di tutta la dirigenza pubblica.

In seguito alla pronuncia della Corte costituzionale n. 251 del 2016, che ha dichiarato illegittima la procedura relativa alla delega in oggetto, il Governo ha adottato un decreto correttivo (decreto legislativo 26 luglio 2017, n. 126), sul quale è stata sancita l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le novelle del decreto riguardano, più specificamente, gli incarichi di direttore generale (negli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale), mentre non sono modificate le norme di cui al medesimo D.Lgs. n. 171 sul conferimento degli incarichi di direttore amministrativo, di direttore sanitario e (qualora tale figura sia prevista dalla legislazione regionale) di direttore dei servizi socio-sanitari.

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Riordino delle Forze di Polizia
  • 1 Atto Governo
  • 2 dossier
08/03/2018

La legge di riforma della pubblica amministrazione (L. 124/2015) ha previsto, nell'ambito di una delega generale per la riorganizzazione dell'amministrazione centrale e periferica dello Stato (art. 8, comma 1, lett. a)), diversi principi e criteri direttivi volti all'adozione di provvedimenti per un complessivo riordino della strutture della Forze di polizia che prevedano tra l'altro:

  • la razionalizazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche con l'obiettivo di realizzare una migliore cooperazione sul territorio;
  • l'istituzione del numero unico europeo 112;
  • la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, con eventuale assorbimento dello stesso in altre Forze di polizia;
  • la revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e progresione di carriera del personale delle Forze di Polizia.

Razionalizzazione delle Forze di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato

In attuazione della legge di riforma della pubblica amministrazione è stato adottato dapprima il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 (poi integrato dal D.Lgs. 228/2017),  volto a dare attuazione alla delega nella parte in cui detta principi e criteri direttivi relativi al complessivo riordino delle Forze di polizia, alla razionalizzazione, al potenziamento dell'efficacia delle richiamate funzioni e al transito del personale del Corpo forestale dello Stato in altre Forze di polizia che assorbe il medesimo Corpo.

 Nello specifico con le disposizioni previste nei primi due capi del decreto legislativo (articoli da 1 a 6)  si definiscono i comparti di specialità assegnati alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri e al Corpo della Guardia di finanza, tenendo conto delle competenze nel tempo sviluppate.

Si pongono le basi per la razionalizzazione dei presidi di polizia, privilegiando l'impiego della Polizia di Stato nei comuni capoluogo e dell'Arma nel restante territorio. Si afferma la competenza della Guardia di Finanza per l'assolvimento dei compiti di sicurezza a mare con contestuale trasferimento al Corpo dei mezzi navali della Polizia di Stato e dell'Arma. Si dettano le disposizioni per la gestione associata dei servizi strumentali delle Forze di polizia e per la realizzazione sul territorio nazionale del servizio numero unico di emergenza europea 112.

Con un secondo più consistente gruppo di disposizioni contenute nei successivi capi II, III, IV e V (articoli da 7 a 20) si disciplina l'assorbimento del personale del Corpo forestale dello Stato e delle relative funzioni nell'Arma Carabinieri, con la sola eccezione di un contingente limitato da assegnare alla Polizia di Stato, alla Guardia di finanza, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e alle amministrazioni pubbliche, compreso il Ministero delle politiche agricole e forestali. Al riguardo, si ricorda, infatti, che la legge di delegazione ha stabilito che il transito del personale "nelle altre Forze di polizia" ovvero "in altre amministrazioni pubbliche" possa avvenire solo "in un contingente limitato", coerentemente con il principio che l'assorbimento del Corpo non deve compromettere l'unitarietà e la continuità delle funzioni dallo stesso si qui assolte.  Il riordino non interessa i sei corpi forestali delle regioni e delle province autonome che, previsti dai relativi statuti approvati con norme di rango costituzionale, già attualmente non fanno parte del Corpo forestale dello Stato.

Revisione dei ruoli del personale delle Forze di polizia

L'attuazione dei principi di delega è proseguita con l'adozione decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, in materia di revisione dei ruoli del personale delle Forze di polizia.

L'intervento è correlato al  riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate attuato contestualmente dallo decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, adottato in attuazione della legge 244/2012.

Il decreto legislativo 95/2017 è articolato in cinque capi i primi quattro relativi alla revisione dei ruoli del personale delle quattro Forze di polizia:

  • Capo I: Polizia di Stato;
  • Capo II: Arma dei carabinieri;
  • Capo III: Corpo della Guardia di finanza;
  • Capo IV: Corpo di polizia penitenziaria.

Il Capo V reca alcune disposizioni finali, comuni ai quattro corpi.

Complessivamente la riforma ha le seguenti finalità:

  • l'adeguamento delle dotazioni organiche di ciascun ciorpo rendendole più vicine alla consistenza effettiva del personale in servizio e rimodulandole nell'ambito dei diversi ruoli;
  • la semplificazione dell'ordinamento, anche attraverso la rimodulazione e la valorizzazione del percorso formativo e la riduzione dei tempi per la conclusione delle procedure di selezione, anche attraverso l'utilizzo dei mezzi informatici; 
  • l'ampliamento delle opportunità di progressione in carriera attraverso la valorizzazione del merito e della professionalità, nonché dell'anzianità di servizio;
  • l'elevazione del titolo di studio per l'accesso alla qualifica iniziale dei ruoli di base, nonché al possesso di titoli di studio universitari per la partecipazione al concorso ovvero per l'immissione in servizio, dopo il corso di formazione iniziale, nelle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali; 
  • l'ampliamento delle funzioni, in particolare, per il personale con qualifica e gradi apicali del ruolo degli agenti e assistenti, dei sovrintendenti e degli ispettori, con il conseguente intervento sui trattamenti economici connessi alle nuove funzioni e responsabilità;
  • l'adeguamento, in particolare, delle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali, attraverso la loro qualificazione professionale, rispettivamente, direttiva e dirigenziale, conseguente al potenziamento delle funzioni;
  • l'adeguamento della disciplina della dirigenza e dei relativi trattamenti economici, con il superamento di alcuni istituti risalenti nel tempo.

Per quanto riguarda, in particolare, le dotazioni organiche, esse sono rideterminate come segue:

  • Polizia di Stato: da 117.291 a 106.242 unità (forza effettiva 101.980);
  • Arma dei carabinieri: da 117.930 a 117.800 (di cui 7.178 provenienti dl Corpo forestale dello Stato);
  • Corpo della Guardia di finanza: da 68.130 a 62.791 unità;
  • Corpo di polizia penitenziaria: da 45.262 a 41.274 unità (forze effettiva 38.744).

Sono stati altresì destinati (articolo 7, comma 1, DL 148/2017) i risparmi conseguenti al transito del personale del Corpo forestale ad altre amministrazioni, all'attuazione della revisione dei ruoli delle Forze di polizia. Altre risorse - corrispondenti alle facoltà assunzionali del Corpo forestale non impiegate - sono state destinate alla medesima finalità, nonché all'incremento delle facoltà assunzionali per l'Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato, la Polizia penitenziaria e il Corpo della Guardia di finanza e all'assunzione straordinaria per la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Polizia penitenziaria.

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Semplificazione procedimenti amministrativi
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
06/03/2018

Il DPR 12 settembre 2016, n. 194, adottato in attuazione della legge delega di riforma delle amministrazioni pubbliche (art. 4, L. n. 124/2015), ha introdotto norme per la semplificazione e l'accelerazione di procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o l'avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione.

La semplificazione ed accelerazione sono attuate attraverso due strumenti: la riduzione dei termini dei procedimenti e l'esercizio di un potere sostitutivo da parte del Presidente del Consiglio in caso di mancato rispetto dei termini.

I procedimenti interessati sono quelli che hanno ad oggetto autorizzazioni, licenze, concessioni non costitutive, permessi o nulla osta comunque denominati necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione delle opere, lo stabilimento degli impianti produttivi e l'esercizio delle attività compresi quelli di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità.

Per l'individuazione dei progetti cui applicare le disposizioni di accelerazione, si procede in una prima fase alla segnalazione alla Presidenza del Consiglio di una serie di progetti, che spetta agli enti territoriali entro il 31 gennaio di ciascun anno. La Presidenza del consiglio può comunque, entro il 28 febbraio, segnalare ulteriori progetti.

In una seconda fase, entro il 31 marzo, si procede, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, all'individuazione "in concreto" dei singoli progetti cui si applicano le disposizioni di semplificazione ed accelerazione.

Con i medesimi decreti del Presidente del consiglio possono essere ridotti i termini di conclusione dei procedimenti necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione dell'opera, lo stabilimento dell'impianto produttivo e l'esercizio dell'attività, in misura non superiore al 50 per cento rispetto ai termini ordinari.

In caso di inutile decorso del termine, eventualmente ridotto, il Presidente del Consiglio può sostituirsi direttamente all'amministrazione inadempiente, adottando i relativi atti, oppure, previa delibera del Consiglio dei ministri, può delegare il potere sostitutivo ad un diverso soggetto, fissando un nuovo termine per la conclusione del procedimento.

Viene poi disciplinato l'esercizio del potere sostitutivo nei casi in cui l'intervento coinvolga le competenze delle regioni e degli enti locali.

Il coinvolgimento degli enti territoriali è comunque escluso nel caso in cui "sussista un preminente interesse nazionale alla realizzazione dell'opera".

Quando non sussiste un preminente interesse nazionale e l'intervento coinvolge esclusivamente o in misura prevalente il territorio di una regione o di un comune o città metropolitana, il Presidente del Consiglio di regola delega all'esercizio del potere sostitutivo il Presidente della regione o il sindaco.

Negli altri casi, quando l'intervento coinvolge le competenze delle regioni e degli enti locali la determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo è rimessa a una previa intesa in sede di Conferenza unificata (ferma restando l'esclusione nei casi di sussistenza di un preminente interesse nazionale).

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Riforma del processo contabile
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
06/03/2018

Il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 reca il codice della giustizia contabile predisposto in attuazione dell'articolo 20 della legge n. 124 del 2015 di riforma della pubblica amministrazione. Il codice provvede al riordino e alla ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti, compresi i giudizi pensionistici, i giudizi di conto e i giudizi a istanza di parte, organizzando in un testo unitario un insieme di norme stratificatosi nel tempo e coordinandole con i principi generali stabiliti dalla disciplina del codice processuale civile.

In particolare il codice provvede a: adeguare la normativa vigente alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori; prevedere l'interruzione del termine di prescrizione di 5 anni delle azioni esperibili dal pubblico ministero; elevare il limite massimo dell'addebito (da 5.000 a 10.000 euro) per il rito monitorio, previsto per i fatti dannosi di lieve entità; introdurre un rito abbreviato per la responsabilità amministrativa che consente la definizione del giudizio di primo grado per somma non superiore al 50 per cento del danno economico imputato; riordinare la fase dell'istruttoria; unificare le disposizioni vigenti in materia di obbligo di denuncia del danno erariale; integrare le disposizioni vigenti con le norme del codice di procedura civile su specifici aspetti dettagliatamente indicati; ridefinire la disciplina delle impugnazioni, nonchè le disposizioni concernenti l'esecuzione delle decisioni definitive di condanna al risarcimento del danno, attribuendo al pubblico ministero la titolarità di agire e resistere in giudizio innanzi al giudice civile dell'esecuzione.

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L'autonomia del CIP
  • 1 dossier
06/03/2018

  La L. 124/2015  ha conferito una delega al Governo concernente, fra l'altro, il riconoscimento delle peculiarità dello sport per persone affette da disabilità e lo "scorporo" del CIP dal CONI, con conseguente trasformazione dello stesso in ente autonomo di diritto pubblico. La delega ha previsto, inoltre, che il CIP doveva  utilizzare per le sue attività parte delle risorse finanziarie del CONI e avvalersi per le attività strumentali di CONI Servizi spa, secondo modalità stabilite in apposito contratto di servizio, e che il personale  in servizio presso il CIP transitava in CONI Servizi spa.

In attuazione, il 19 ottobre 2016  è stato presentato alle Camere lo schema di d.lgs. n. 349 , recante una disciplina simmetrica, per la maggior parte delle previsioni, a quella prevista per il CONI dal d.lgs 249/1999.

La VII Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con una osservazione il 6 dicembre 2016.

Lo schema è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 17 febbraio 2017.

E' stato quindi pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 27 febbraio 2017, n. 43.

In particolare, il d.lgs. 43/2017 dispone che il CIP è posto sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il controllo della Corte dei conti ed è dotato di autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio.  Lo statuto, adottato a maggioranza assoluta dei componenti del consiglio nazionale, su proposta della giunta nazionale, deve essere approvato con DPCM, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Esso disciplina l'organizzazione periferica del CIP.

Il Comitato – che si conforma ai principi dell'ordinamento sportivo paralimpico internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) – è la Confederazione delle Federazioni Sportive Paralimpiche (FSP) e delle Discipline Sportive Paralimpiche (DSP) da esso riconosciute. Al CIP partecipano, altresì, le Federazioni Sportive Nazionali e le Discipline Sportive Associate riconosciute dal CONI, le cui attività paralimpiche sono state già riconosciute dal CIP (FSNP e DSAP) alla data di entrata in vigore della L. 124/2015.

Le specifiche finalità del CIP concernono:

  • l'organizzazione ed il potenziamento dello sport paralimpico nazionale, e, in particolare, la preparazione degli atleti paralimpici, e l'approntamento dei mezzi idonei per le Paralimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali paralimpiche;
  • l'adozione – anche d'intesa con la Sezione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive del Comitato tecnico sanitario, istituito ai sensi dell'art. 2 del DPR 44/2013 – di misure di prevenzione e repressione dell'uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti paralimpici;
  • la promozione della massima diffusione della pratica sportiva per i disabili, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;
  • la promozione di iniziative contro ogni forma di discriminazione e violenza nello sport.

Sono organi del CIP il consiglio nazionale, la giunta nazionale, il presidente, il segretario generale, il collegio dei revisori dei conti. Gli organi durano in carica 4 anni. I componenti che assumono le funzioni nel corso del quadriennio restano in carica fino alla scadenza dell'organo di appartenenza.

Il presidente e i componenti della giunta nazionale – ad eccezione dei membri italiani del Comitato paralimpico internazionale – non possono restare in carica per più di due mandati. Un terzo mandato è consentito solo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni e un giorno per causa diversa dalle dimissioni volontarie. Il computo dei mandati si effettua a decorrere dal mandato successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del  decreto. Si tratta di una disciplina che è oggetto di modifica da parte dell'A.S. 361-B (v. l'apposito tema).

Il CONI ed il CIP possono stipulare convenzioni per la gestione comune di attività istituzionali, tra cui quelle in materia di prevenzione e repressione del doping e di giustizia sportiva.

I mezzi finanziari per l'espletamento delle attività del CIP sono stabiliti, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, con DPCM, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che determina la parte delle risorse finanziarie, attualmente in disponibilità o attribuite al CONI, da destinare al CIP.

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Le modifiche al D.Lgs. 150 del 2009 in materia di valutazione dei dipendenti
  • 1 Atto Governo
  • 1 rimando
06/03/2018

Il legislatore ha inserito la valutazione dei dipendenti pubblici tra le materie di riforma della pubblica amministrazione previste dalla L. 124/2015, delegando il Governo a riordinare le norme in materia nel rispetto di una serie di principi e criteri direttivi.

In particolare, la delega prevista dall'art. 17, comma 1, lett. r), della L. 124/2015 reca i seguenti principi e criteri direttivi: semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e di premialità; razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, anche al fine della migliore valutazione delle politiche; sviluppo di sistemi distinti per la misurazione dei risultati raggiunti dall'organizzazione e dei risultati raggiunti dai singoli dipendenti; potenziamento dei processi di valutazione indipendente del livello di efficienza e qualità dei servizi e delle attività delle amministrazioni pubbliche e degli impatti da queste prodotti, anche mediante il ricorso a standard di riferimento e confronti; riduzione degli adempimenti in materia di programmazione anche attraverso una maggiore integrazione con il ciclo di bilancio; coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni; previsione di forme di semplificazione specifiche per i diversi settori della pubblica amministrazione.

In attuazione della delega il Governo ha adottato il decreto legislativo n. 74 del 2017, diretto a riordinare le norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, dopo aver acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari (A.G. 391). Il decreto ha introdotto modifiche specifiche alle disposizioni contenute nei Titoli II e III del decreto legislativo n.150 del 2009, che disciplinano le attività di misurazione e valutazione della performance, nonché gli strumenti di valorizzazione del merito.

Oltre che coordinare ed adeguare le disposizioni del D.Lgs. n. 150 del 2009 alle modifiche sul quadro normativo intervenute nel corso della legislatura ad opera del DPR 105/2016 e del successivo decreto ministeriale sugli OIV, il decreto prevede ulteriori novità.

In relazione agli effetti delle attività di misurazione, valutazione e trasparenza della performance, si stabilisce che il rispetto delle disposizioni in materia è non solo condizione necessaria per l'erogazione di premi legati alla performance (come già previsto), ma rileva anche ai fini:

  • delle componenti del trattamento retributivo legate alla performance;
  • del riconoscimento delle progressioni economiche;
  • dell'attribuzione di incarichi di responsabilità al personale;
  • del conferimento degli incarichi dirigenziali.

Si stabilisce inoltre che la valutazione negativa della performance, purché resa nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. 150, rileva ai fini dell'accertamento della responsabilità dirigenziale e ai fini dell'irrogazione del licenziamento disciplinare per insufficiente rendimento.

Per quanto riguarda il ciclo di gestione della performance:

  • prevede che nella definizione degli obiettivi si debba tener conto anche dei risultati conseguiti nell'anno precedente come validati nella relazione annuale;
  • introduce la categoria degli obiettivi generali, che identificano, in coerenza con il programma di Governo, le priorità strategiche delle pubbliche amministrazioni in relazione alle attività e ai servizi erogati. Accanto a questi, permangono gli obiettivi specifici di ogni amministrazione, definiti dagli organi di indirizzo politico-amministrativo;
  • prevede che il sistema di misurazione e valutazione della performance debba essere adottato previo parere vincolante dell'OIV;
  • riconosce forme di partecipazione dei cittadini e degli altri utenti finali nei processi di valutazione della performance organizzativa;
  • stabilisce che il sistema debba prevedere le procedure di conciliazione, a garanzia dei valutati relative all'applicazione del sistema e le modalità di raccordo e integrazione con i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio;
  • al fine di coordinare il ciclo della performance con quello della programmazione finanziaria e di bilancio, dispone che il Piano della performance sia predisposto a seguito della presentazione alle Camere del DEF e che sia coerente con le Note integrative delle amministrazioni;
  • riconosce la facoltà agli enti locali di unificare la Relazione sulla performance con il rendiconto della gestione;
  • introduce un nuovo sistema di distribuzione delle risorse destinate a remunerare la performance. In particolare, si prevede che spetti al contratto collettivo nazionale, nell'ambito delle risorse destinate al trattamento economico accessorio collegato alla performance ai sensi dell'articolo 40, co. 3-bis, del decreto legislativo n. 165/2001, stabilire la quota delle risorse destinate a remunerare la performance (organizzativa e individuale) e fissare i criteri idonei a garantire che alla significativa diversificazione dei giudizi corrisponda una effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati. Per i dirigenti il criterio di attribuzione dei premi è applicato con riferimento alla retribuzione di risultato.

Per quanto riguarda la valutazione dei dirigenti, il decreto precisa che il peso prevalente nella valutazione complessiva debba essere attribuito ai risultati della misurazione e valutazione della performance organizzativa dell'amministrazione e delle unità organizzative di riferimento.

Per garantire la partecipazione dei cittadini e degli altri utenti finali al processo di misurazione delle performance organizzative, si stabilisce che essa possa avvenire sia attraverso comunicazioni dirette all'Organismo indipendente di valutazione, sia attraverso i sistemi di rilevazione del grado di soddisfazione di cittadini e utenti che ciascuna amministrazione deve adottare, favorendo la più ampia partecipazione e collaborazione dei destinatari dei servizi.

Alcune novità riguardano gli OIV ai quali, in qualità di soggetti terzi e imparziali, vengono affidati compiti ulteriori rispetto a quelli già previsti, tra cui:

  • il parere preventivo vincolante sul sistema di misurazione e valutazione della performance;
  • la funzione (prima spettante all'organo di indirizzo politico-amministrativo) di monitorare l'andamento della performance rispetto agli obiettivi programmati, segnalando la necessità di interventi correttivi;
  • la facoltà di formulare proposte e raccomandazioni ai vertici amministrativi.

Per quanto concerne le altre funzioni già spettanti agli organismi, si stabilisce che gli OIV esercitano i compiti attribuiti (in particolare, la validazione della relazione sulla performance), tenendo conto anche delle risultanze delle valutazioni realizzate con il coinvolgimento dei cittadini o degli altri utenti finali per i servizi rivolti, nonché, ove presenti, dei risultati prodotti dalle indagini svolte dalle agenzie esterne di valutazione e dei dati e delle elaborazioni fornite dall'amministrazione.

In relazione alle modalità di nomina, si conferma che l'OIV è costituito, di norma, in forma collegiale con tre componenti e si attribuisce al Dipartimento della funzione pubblica la definizione dei criteri sulla base dei quali, le amministrazioni possono istituire l'Organismo in forma monocratica, nonché i casi in cui sono istituiti organismi in forma associata tra più amministrazioni. È inoltre introdotto il divieto per le amministrazioni di nominare propri dipendenti quali componenti dell'OIV.

Atti del Governo
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La delega per il TU dei servizi pubblici locali
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
  • 1 rimando
06/03/2018

Nell'ambito del programma di riforme della pubblica amministrazione, approvato con la legge n. 124 del 2015, il Parlamento aveva delegato il Governo a riordinare la intera disciplina dei servizi pubblici locali d'interesse economico generale, compresa la definizione dei criteri per l'attribuzione di diritti speciali o esclusivi, in base ai princìpi di concorrenza, adeguatezza, sussidiarietà, anche orizzontale, proporzionalità e in conformità alle direttive europee (art. 19 della legge 124/2015). In sede di attuazione della delega legislativa era prevista altresì la necessità di prevedere:

  • incentivi e meccanismi di premialità per gli enti locali che favoriscono l'aggregazione delle attività e delle gestioni;
  • criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini e sulle imprese;
  • modalità di tutela degli utenti, inclusi strumenti di tutela non giurisdizionale e forme di consultazione e partecipazione diretta;
  • distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo e le funzioni di gestione dei servizi, anche attraverso la modifica della disciplina sulle incompatibilità o sull'inconferibilità di incarichi o cariche;
  • revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di subentro;
  • attribuzione dei poteri di regolazione e controllo tra i diversi livelli di governo e le autorità indipendenti;
  • strumenti per la trasparenza e la pubblicizzazione dei contratti di servizio;
  • strumenti di rilevazione, anche attraverso banche dati nazionali già costituite, dei dati economici, industriali, degli obblighi di servizio pubblico imposti e degli standard di qualità, nel rispetto dei principi dettati dalla normativa nazionale in materia di trasparenza;
  • revisione delle discipline settoriali ai fini di un coordinamento con la disciplina generale in materia di affidamento dei servizi.

In attuazione della delega, il Governo ha trasmesso alle Camere uno schema di decreto legislativo recante il Testo unico sui servizi pubblici di interesse economico (Atto del Governo n. 308). Come rilevato nella relazione illustrativa, l'obiettivo dello schema era  dettare una "disciplina generale organica" del settore dei servizi pubblici locali, attraverso un riordino dell'attuale quadro normativo che è "il risultato di una serie di interventi disorganici che hanno oscillato tra la promozione delle forme pubbliche di gestione e gli incentivi più o meno marcati all'affidamento a terzi mediante gara". Dopo l'espressione dei pareri della Camere sullo schema di decreto è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 251 del 2016 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione di delega nella parte in cui, incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevede che i decreti attuativi siano adottati sulla base del parere, anziché dell'intesa, della Conferenza Stato-regioni. Il provvedimento di riforma non è stato quindi pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Dossier
Atti del Governo
Vedi anche
 
La delega per la riforma della dirigenza
  • 1 dossier
06/03/2018

La legge di riforma della P.A., contiene una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica, da esercitare entro dodici mesi (articolo 11 della L. n. 124/2015).

La delega prevede l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, che hanno requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento. Sono tre i ruoli unici in cui verranno ricompresi, rispettivamente:

  • i dirigenti dello Stato (amministrazioni statali, enti pubblici non economici nazionali, università statali, enti pubblici di ricerca, agenzie governative), con soppressione dell'attuale distinzione in prima e seconda fascia. Si prevede l'istituzione di sezioni per le professionalità speciali e l'eventuale confluenza nel ruolo del personale appartenente alle carriere speciali (esclusa la carriera diplomatica);
  • i dirigenti regionali, inclusa la dirigenza delle camere di commercio e la dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ad eccezione della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria;
  • i dirigenti degli enti locali, in cui confluiscono anche gli attuali segretari comunali e provinciali, la cui figura (e il relativo albo) sono contestualmente aboliti. In sostituzione del segretario, gli enti locali hanno l'obbligo di nominare un dirigente apicale. Inoltre, si mantiene la figura del direttore generale negli enti locali di maggiore dimensione.

E' esclusa dai ruoli unici la dirigenza scolastica, oggetto di una disciplina speciale.

Saranno contenuti in una banca dati - tenuta dal Dipartimento della funzione pubblica, cui è affidata altresì la gestione tecnica dei ruoli - i dati professionali e gli esiti delle valutazioni relativi a ciascun dirigente appartenente ai tre ruoli unici.

Inoltre, ai decreti delegati spetta la definizione – per l'accesso alle predette dirigenze - degli istituti del corso-concorso e del concorso, secondo principi di delega stabiliti nel testo, tra cui la cadenza annuale per ciascuno dei tre ruoli, il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale, il necessario superamento di un successivo esame dopo un primo periodo di immissione in servizio, nonché l'esclusione di graduatorie di idonei.

Altri criteri di delega riguardano: la riforma della Scuola nazionale dell'amministrazione; la semplificazione e l'ampliamento della mobilità della dirigenza tra amministrazioni pubbliche e tra queste ed il settore privato; la definizione di una nuova disciplina sul conferimento degli incarichi dirigenziali nel rispetto di una serie di principi; la definizione di presupposti oggettivi per la revoca degli incarichi ed una disciplina dei dirigenti privi di incarico; la rilevanza della valutazione ai fini del conferimento degli incarichi e del percorso di carriera; il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti; la definizione della disciplina della retribuzione dei dirigenti secondo criteri tra i quali, in particolare, l'omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, nell'àmbito di ciascun ruolo unico e la determinazione di limiti assoluti, stabiliti in base a criteri oggettivi, correlati alla tipologia dell'incarico.

Nel mese di agosto 2016 è stato trasmesso alle Camere, che hanno reso i prescritti pareri, lo schema di decreto legislativo di riforma della dirigenza (A.G. 328), adottato in attuazione della delega. Il provvedimento che, a seguito della sentenza n. 251 del 2016 della Corte costituzionale, non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, disponeva, in primo luogo l'articolazione del "sistema della dirigenza pubblica" nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei, cui si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti. I ruoli della dirigenza regionale e locale sono istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Sono esclusi dall'applicazione della nuova disciplina i dirigenti scolastici e i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.

Viene sancito il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale. La distinzione tra dirigente di prima e seconda fascia viene quindi superata, attribuendo alle amministrazioni pubbliche la facoltà di articolare gli uffici dirigenziali in diversi livelli di responsabilità, anche introducendo la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali.

E' contestualmente disposta, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la realizzazione di una banca dati contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, del relativo curriculum vitae e percorso professionale.

Il provvedimento dispone, al contempo, l'istituzione delle Commissioni per la dirigenza statale (entro 90 giorni), regionale e locale (previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali), cui sono attribuite funzioni che investono, tra le altre, le procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la definizione di criteri generali per l'assegnazione degli incarichi e la relativa valutazione.

Alla dirigenza pubblica si accede mediante le due modalità del corso-concorso e del concorso, salvo il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle amministrazioni nei limiti di quanto stabilito dalla legge.

Lo schema di decreto legislativo interviene quindi sull'assetto e sulle funzioni della Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), di cui è disposta la trasformazione in agenzia, operante sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio e soggetta al controllo della corte dei conti. Alla SNA competono, in particolare, funzioni di reclutamento e di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, anche avvalendosi di istituzioni nazionali ed internazionali.

Specifiche disposizioni sono dettate relativamente alla formazione dei dirigenti, tenuti a frequentare corsi di formazione (organizzati o approvati dalla SNA) per un numero di ore definito dal regolamento di attuazione.

Gli incarichi dirigenziali sono sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso pubblico, ad eccezione dell'assegnazione del primo incarico e di quanto previsto ai fini della procedura per i dirigenti privi di incarico. Ai fini del conferimento di ciascun incarico dirigenziale, l'amministrazione definisce i criteri di scelta nell'ambito dei criteri generali fissati dalle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica, regionale e locale. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali la scelta dell'amministrazione è comunicata alle Commissioni che, entro 15 giorni, possono rilevare il mancato rispetto dei requisiti e dei criteri fissati. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali le suddette Commissioni selezionano una short list di candidati ritenuti più idonei in base ai richiamati criteri generali.

Viene mantenuta la possibilità di attribuzione degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni individuando miniti massimi.

Quanto alla durata degli incarichi dirigenziali, viene previsto il termine di 4 anni, rinnovabile di ulteriori 2 anni, a condizione che il dirigente abbia conseguito una valutazione positiva e con decisione motivata dell'amministrazione, per una sola volta; successivamente, viene svolta la procedura comparativa con avviso pubblico, cui può partecipare il dirigente già titolare dell'incarico salvo il caso di uffici a rischio di corruzione per i quali la legge già richiede il rispetto del principio della rotazione.

Alla scadenza di ogni incarico il dirigente rimane iscritto al ruolo ed è collocato in disponibilità fino all'attribuzione di un nuovo incarico. Una disciplina specifica viene introdotta per i dirigenti privi di incarico: essi hanno l'obbligo di partecipare, ogni anno, ad almeno 5 procedure comparative per le quali abbiano i requisiti; decorso un anno le amministrazioni possono conferire direttamente incarichi dirigenziali per i quali essi abbiano i requisiti; qualora sia decorso un anno senza incarico nell'anno successivo, ai fini del trattamento economico, sono ridotti di un terzo le parti fisse. Decorsi 2 anni dal collocamento di disponibilità, il Dipartimento per la funzione pubblica provvede a collocarli direttamente presso le amministrazioni in cui vi siano posti disponibili, ove ne abbiano i requisiti; viene previsto che, in caso di rifiuto, il dirigente decade dal ruolo. Le amministrazioni possono altresì attribuire ai dirigenti privi di incarico, con il loro consenso, funzioni di supporto senza il conferimento di incarichi dirigenziali e retribuzioni aggiuntive. In ogni caso, i dirigenti privi di incarico possono in ogni momento formulare richiesta di ricollocazione in qualifiche non dirigenziali.

Vengono inoltre elencati una serie di fattori che vengono in rilievo ai fini della valutazione dei dirigenti. Tra questi, in particolare: la capacità di gestione delle risorse umane assegnate alla struttura e di controllo e valutazione sulle presenze e sull'apporto motivazionale di ciascun dipendente; la tempestiva individuazione di fattori di rischio; la garanzie di trasparenza; l'individuazione di metodologie migliorative e coinvolgenti l'utenza nella valutazione dell'operato della struttura.

Il provvedimento individua ulteriori ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi dirigenziali, che possono dare luogo alla revoca dell'incarico dirigenziale.

Viene affidato al decreto legislativo da adottare entro il 28 febbraio 2016, in attuazione della medesima legge 124/2015 (art. 17), in materia di pubblico impiego, l'individuazione delle forme di controllo sulle modalità con cui i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali generali esplicano il proprio potere sindacatorio e di controllo sull'attività dei dirigenti e di periodica verifica del raggiungimento dei risultati dell'ufficio. In tale quadro, sono altresì definite le modalità di controllo sull'attuazione del programma da parte del segretario generale dei ministeri (in cui è presente tale figura), dei titolari di direzione di strutture articolate in uffici dirigenziali generali, dei dirigenti generali.

E' inoltre enunciato il principio di non derogabilità delle disposizioni del decreto legislativo da parte di contratti o accordi collettivi.

In sede di prima attuazione, sono iscritti di diritto ai ruoli della dirigenza tutti i dirigenti a tempo indeterminato facenti parte delle relative amministrazioni alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nelle amministrazioni statali, fino ad esaurimento della qualifica di prima fascia, il conferimento dell'incarico avviene, in misura non inferiore al 30 per cento delle relative posizioni, ai dirigenti di prima fascia facenti parte dei ruoli dell'amministrazione alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Gli incarichi dirigenziali sono disciplinati dalla normativa vigente fino alla definizione dei criteri generali da parte delle Commissioni.

Il provvedimento detta inoltre disposizioni finalizzate, da una parte, a prevedere, nell'ambito dei contratti collettivi, una graduale convergenza del trattamento economico fondamentale di tutti coloro che sono iscritti nei ruoli della dirigenza utilizzando le economie derivanti dalle nuove previsioni; viene stabilito, in particolare, che il trattamento economico accessorio deve costituire almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva del dirigente e la parte collegata ai risultati almeno il 30 per cento (60 e 40 per cento per i titolari di incarichi dirigenziali generali). La retribuzione di posizione deve essere interamente correlata alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità.

Per quanto riguarda la dirigenza degli enti locali, è disposto il superamento della figura dei segretari comunali e provinciali (a decorrere dall'effettiva costituzione del ruolo della dirigenza locale e fatti salvi, fino alla naturale scadenza, gli incarichi in essere), che confluiscono nel ruolo della dirigenza locale; gli attuali segretari comunali e provinciali vengono assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali nei limiti delle dotazioni organiche. Norme specifiche sono altresì dettate in sede di prima applicazione nonché per coloro che appartengono alla fascia professionale C e per i vincitori di procedure concorsuali già avviate al 28 agosto 2015.

E' previsto, al contempo, l'obbligo per gli enti locali di nominare un dirigente apicale cui affidare compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità, che non può essere coordinato da altra figura di dirigente generale; le città metropolitane e i comuni con più di 100.000 abitanti possono, in alternativa, nominare un direttore generale e affidare il controllo della legalità e la funzione rogante ad un dirigente iscritto nei ruoli della dirigenza. Per i comuni con meno di 5.000 abitanti (o 3.000 se appartenenti a comunità montane) è stabilito l'obbligo di gestire in forma associata la funzione di direzione apicale.

Dossier
 
La riforma della dirigenza prevista dalla legge 124/2015
  • 1 Atto Governo
  • 1 dossier
08/03/2018

In attuazione della legge di riforma della p.a. era stato trasmesso al Parlamento, nella XVII legislatura, lo schema di decreto legislativo di riforma della dirigenza (A.G. 328), che disponeva, in primo luogo l'articolazione del "sistema della dirigenza pubblica" nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei, cui si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti.

Sullo schema di decreto legislativo di riforma erano stati espressi i pareri delle competenti Commissioni parlamentari, della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato.

Il testo non è stato poi approvato in via definitiva essendo nel frattempo intervenuta la pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 251 del 2016) con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega della legge 124/2015, tra cui quelle relative alla disciplina della dirigenza, nella parte in cui, incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedevano che i decreti attuativi fossero adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni che non è quella dell'intesa ma del semplice parere.

Nel testo di riforma i ruoli della dirigenza regionale e locale erano istituiti previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Erano esclusi dall'applicazione della nuova disciplina i dirigenti scolastici e i dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale.

Veniva sancito il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale. La distinzione tra dirigente di prima e seconda fascia viene quindi superata, attribuendo alle amministrazioni pubbliche la facoltà di articolare gli uffici dirigenziali in diversi livelli di responsabilità, anche introducendo la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali.

Era contestualmente disposta, presso il Dipartimento della funzione pubblica, la realizzazione di una banca dati contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, del relativo curriculum vitae e percorso professionale.

Il provvedimento disponeva, al contempo, l'istituzione delle Commissioni per la dirigenza statale (entro 90 giorni), regionale e locale (previa intesa, rispettivamente, in sede di Conferenza Stato-regioni e di Conferenza Stato-città ed autonomie locali), cui sono attribuite funzioni che investono, tra le altre, le procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la definizione di criteri generali per l'assegnazione degli incarichi e la relativa valutazione.

Alla dirigenza pubblica si accedeva mediante le due modalità del corso-concorso e del concorso, salvo il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle amministrazioni nei limiti di quanto stabilito dalla legge.

Lo schema di decreto legislativo interveniva quindi sull'assetto e sulle funzioni della Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), di cui è disposta la trasformazione in agenzia, operante sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio e soggetta al controllo della corte dei conti. Alla SNA competono, in particolare, funzioni di reclutamento e di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, anche avvalendosi di istituzioni nazionali ed internazionali.

Specifiche disposizioni erano dettate relativamente alla formazione dei dirigenti, tenuti a frequentare corsi di formazione (organizzati o approvati dalla SNA) per un numero di ore definito dal regolamento di attuazione.

Gli incarichi dirigenziali erano sempre conferiti mediante procedura comparativa con avviso pubblico, ad eccezione dell'assegnazione del primo incarico e di quanto previsto ai fini della procedura per i dirigenti privi di incarico. Ai fini del conferimento di ciascun incarico dirigenziale, l'amministrazione definisce i criteri di scelta nell'ambito dei criteri generali fissati dalle istituende Commissioni per la dirigenza pubblica, regionale e locale. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali non generali la scelta dell'amministrazione è comunicata alle Commissioni che, entro 15 giorni, possono rilevare il mancato rispetto dei requisiti e dei criteri fissati. Per gli incarichi relativi a uffici dirigenziali generali le suddette Commissioni selezionano una short list di candidati ritenuti più idonei in base ai richiamati criteri generali.

Veniva mantenuta la possibilità di attribuzione degli incarichi dirigenziali a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni individuando miniti massimi.

Quanto alla durata degli incarichi dirigenziali, veniva previsto il termine di 4 anni, rinnovabile di ulteriori 2 anni, a condizione che il dirigente abbia conseguito una valutazione positiva e con decisione motivata dell'amministrazione, per una sola volta; successivamente, viene svolta la procedura comparativa con avviso pubblico, cui può partecipare il dirigente già titolare dell'incarico salvo il caso di uffici a rischio di corruzione per i quali la legge già richiede il rispetto del principio della rotazione.

Alla scadenza di ogni incarico il dirigente rimaneva iscritto al ruolo ed è collocato in disponibilità fino all'attribuzione di un nuovo incarico. Una disciplina specifica viene introdotta per i dirigenti privi di incarico: essi hanno l'obbligo di partecipare, ogni anno, ad almeno 5 procedure comparative per le quali abbiano i requisiti; decorso un anno le amministrazioni possono conferire direttamente incarichi dirigenziali per i quali essi abbiano i requisiti; qualora sia decorso un anno senza incarico nell'anno successivo, ai fini del trattamento economico, sono ridotti di un terzo le parti fisse. Decorsi 2 anni dal collocamento di disponibilità, il Dipartimento per la funzione pubblica provvede a collocarli direttamente presso le amministrazioni in cui vi siano posti disponibili, ove ne abbiano i requisiti; viene previsto che, in caso di rifiuto, il dirigente decade dal ruolo. Le amministrazioni possono altresì attribuire ai dirigenti privi di incarico, con il loro consenso, funzioni di supporto senza il conferimento di incarichi dirigenziali e retribuzioni aggiuntive. In ogni caso, i dirigenti privi di incarico possono in ogni momento formulare richiesta di ricollocazione in qualifiche non dirigenziali.

Venivano inoltre elencati una serie di fattori che vengono in rilievo ai fini della valutazione dei dirigenti. Tra questi, in particolare: la capacità di gestione delle risorse umane assegnate alla struttura e di controllo e valutazione sulle presenze e sull'apporto motivazionale di ciascun dipendente; la tempestiva individuazione di fattori di rischio; la garanzie di trasparenza; l'individuazione di metodologie migliorative e coinvolgenti l'utenza nella valutazione dell'operato della struttura.

Il provvedimento individuava ulteriori ipotesi di mancato raggiungimento degli obiettivi dirigenziali, che possono dare luogo alla revoca dell'incarico dirigenziale.

Veniva affidato al decreto legislativo da adottare entro il 28 febbraio 2016, in attuazione della medesima legge 124/2015 (art. 17), in materia di pubblico impiego, l'individuazione delle forme di controllo sulle modalità con cui i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali generali esplicano il proprio potere sindacatorio e di controllo sull'attività dei dirigenti e di periodica verifica del raggiungimento dei risultati dell'ufficio. In tale quadro, sono altresì definite le modalità di controllo sull'attuazione del programma da parte del segretario generale dei ministeri (in cui è presente tale figura), dei titolari di direzione di strutture articolate in uffici dirigenziali generali, dei dirigenti generali.

Era inoltre enunciato il principio di non derogabilità delle disposizioni del decreto legislativo da parte di contratti o accordi collettivi.

In sede di prima attuazione, era prevista l'iscrizione di diritto ai ruoli della dirigenza tutti i dirigenti a tempo indeterminato facenti parte delle relative amministrazioni alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale nelle amministrazioni statali, fino ad esaurimento della qualifica di prima fascia, il conferimento dell'incarico avviene, in misura non inferiore al 30 per cento delle relative posizioni, ai dirigenti di prima fascia facenti parte dei ruoli dell'amministrazione alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Gli incarichi dirigenziali sono disciplinati dalla normativa vigente fino alla definizione dei criteri generali da parte delle Commissioni.

Il provvedimento dettava inoltre disposizioni finalizzate, da una parte, a prevedere, nell'ambito dei contratti collettivi, una graduale convergenza del trattamento economico fondamentale di tutti coloro che sono iscritti nei ruoli della dirigenza utilizzando le economie derivanti dalle nuove previsioni; viene stabilito, in particolare, che il trattamento economico accessorio deve costituire almeno il 50 per cento della retribuzione complessiva del dirigente e la parte collegata ai risultati almeno il 30 per cento (60 e 40 per cento per i titolari di incarichi dirigenziali generali). La retribuzione di posizione deve essere interamente correlata alle funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità.

Per quanto riguarda la dirigenza degli enti locali, era disposto il superamento della figura dei segretari comunali e provinciali (a decorrere dall'effettiva costituzione del ruolo della dirigenza locale e fatti salvi, fino alla naturale scadenza, gli incarichi in essere), che confluiscono nel ruolo della dirigenza locale; gli attuali segretari comunali e provinciali vengono assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali nei limiti delle dotazioni organiche. Norme specifiche sono altresì dettate in sede di prima applicazione nonché per coloro che appartengono alla fascia professionale C e per i vincitori di procedure concorsuali già avviate al 28 agosto 2015.

Era previsto, al contempo, l'obbligo per gli enti locali di nominare un dirigente apicale cui affidare compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità, che non può essere coordinato da altra figura di dirigente generale; le città metropolitane e i comuni con più di 100.000 abitanti possono, in alternativa, nominare un direttore generale e affidare il controllo della legalità e la funzione rogante ad un dirigente iscritto nei ruoli della dirigenza. Per i comuni con meno di 5.000 abitanti (o 3.000 se appartenenti a comunità montane) era stabilito l'obbligo di gestire in forma associata la funzione di direzione apicale.

 

Dossier
Atti del Governo
 
Le modifiche al TU del pubblico impiego
06/03/2018

Il decreto legislativo n.75 del 2017 ha modificato in più parti il Testo unico del pubblico impiego (decreto legislativo n.165/2001), con l'obiettivo di ridefinire alcune importanti regole del lavoro pubblico.

Viene introdotto il Piano triennale dei fabbisogni, allo scopo di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini. Nell'ambito del Piano le amministrazioni curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale. Il Piano deve essere accompagnato dall'indicazione delle risorse finanziarie destinate alla sua attuazione.

Per quanto riguarda il reclutamento, viene innanzitutto stabilito un limite alla percentuale di idonei delle graduatorie dei concorsi pubblici (massimo il 20% dei posti messi a concorso) e si valorizzano il titolo di dottore di ricerca e la conoscenza della lingua inglese nei concorsi pubblici.

Specifiche disposizioni sono volte al superamento del precariato. In particolare, si prevede che le P.A. possono indire nuove procedure concorsuali, nella misura del 50% dei posti disponibili, per i lavoratori con contratti di lavoro flessibile (che abbiano avuto accesso alla P.A. a seguito di procedura concorsuale) e con un'anzianità di almeno tre anni negli ultimi otto. Allo scopo di valorizzare il personale interno è stata prevista la possibilità di progressioni interne attraverso procedure selettive riservate nel triennio 2018-2020 sul 20% dei posti disponibili, fermi restando il titolo di studio e la valutazione positiva come titolo di preferenza. Viene stabilito, a regime, il divieto per le pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione.

Vengono introdotte misure di sostegno per la disabilità nel lavoro pubblico, con l'istituzione di una Consulta nazionale presso il Dipartimento della funzione pubblica. Il monitoraggio sulle quote di riserva delle persone disabili, da parte della Consulta nazionale, viene estesa anche alle vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere.

In materia di contrattazione vengono chiariti gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva e il rapporto tra questa e la legge.

Viene stabilito che la quota prevalente delle risorse complessivamente destinate al trattamento accessorio vada devoluta al trattamento collegato alla performance (organizzativa e non più individuale).

Viene riformato il procedimento disciplinare, con l'estensione delle procedure accelerate a tutti i casi di flagranza, l'unificazione del procedimento in capo all'Ufficio per i procedimenti disciplinari, la previsione che la violazione dei termini e delle altre disposizioni meramente procedurali non determinano la decadenza dall'azione disciplinare e l'invalidità della sanzione irrogata, la previsione della espressa perentorietà del termine (120 giorni) per la conclusione dei procedimenti.

Viene istituito il Polo unico per le visite fiscali che regola il nuovo esercizio delle funzioni di accertamento medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia da parte dell'INPS.

 
Documento unico di circolazione
06/03/2018

Il decreto legislativo 29 maggio 2017 n. 98, sulla Razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, finalizzata al rilascio di un documento unico, ha previsto che la carta di circolazione costituisca il documento unico di circolazione dei veicoli e che sia pertanto soppresso il certificato di proprietà, attuando quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera d) e 5 della legge 124/215. Per approfondire si veda il focus relativo nell'area Trasporti e comunicazioni.

 

 
Riordino delle camere di commercio
  • 2 Atti Governo
  • 2 dossier
06/03/2018

Il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219 ha attuato la delega legislativa conferita al Governo dall'articolo 10 della legge n. 124 del 2015. La delega, nell'ambito della riforma complessiva della pubblica amministrazione, mira ad un articolato riordino del sistema delle camere di commercio. Il provvedimento introduce una serie di importanti novità con particolare riguardo alle funzioni delle camere di commercio, all'organizzazione dell'intero sistema camerale e alla sua governance complessiva.

Il decreto legislativo ha dato attuazione ad una serie di principi contenuti nella legge delega. Tra questi si ricordano:

  • l'obbligo di accorpamento delle camere di commercio al fine di ridurre il numero delle camere stesse ad un massimo di 60;
  • la delimitazione delle competenze camerali evitando duplicazioni e sovrapposizioni con competenze di altri enti;
  • la riduzione delle unioni regionali;
  • la previsione di una gratuità delle cariche degli organi diversi dai revisori contabili delle camere di commercio, delle unioni regionali e delle aziende speciali.
Dossier
Atti del Governo
 
La revisione dell'organizzazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
  • 1 Atto Governo
  • 1 focus,
  • 1 dossier
07/03/2018

Nella XVII legislatura sono state apportate importanti modifiche all'ordinamento del Corpo dei vigili del fuoco in attuazione di una delega prevista dalla legge di riforma della pubblica amministrazione (la L. 124/2005, c.d. legge Madia).

 

L'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato. In particolare, il comma 1, lett. a), del citato articolo, ha conferito una specifica delega per l'ottimizzazione dell'efficacia delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mediante modifiche al D.Lgs. 139/2006, in relazione alle funzioni e ai compiti del personale permanente e volontario del medesimo Corpo e conseguente revisione del D.Lgs. 217/2005 (ordinamento del personale), anche con soppressione e modifica dei ruoli e delle qualifiche esistenti ed eventuale istituzione di nuovi appositi ruoli e qualifiche, con conseguente rideterminazione delle relative dotazioni organiche.
Inoltre, la medesima disposizione di delega ha previsto, un complessivo riordino delle Forze di polizia e, in tale ambito, la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, anche attraverso il suo eventuale assorbimento in altra Forza di polizia. In tal caso, la delega ha fatto salve le competenze del medesimo Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire, in caso di assorbimento, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco con le connesse risorse.

 

In ordine di tempo, in attuazione della delega è stato emanato prima il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177 che ha disposto l'assorbimento del personale del Corpo forestale dello Stato e delle relative funzioni nell'Arma Carabinieri, con un contingente limitato da assegnare alla Polizia di Stato, alla Guardia di finanza, e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. A quest'ultimo sono state trasferite inoltre le competenze del Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi arerei.

 

Successivamente, è intervenuto il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97 che ha operato una ampia revisione della normativa che disciplina il Corpo nazionale dei vigili del fuoco: viene previsto il riassetto delle strutture organizzative del Corpo, disciplinate le funzioni e i compiti in materia di soccorso pubblico, prevenzione incendi, difesa civile e incendi boschivi, e viene modificato l'ordinamento del personale per gli aspetti non demandati alla contrattazione collettiva nazionale.

Organizzazione del Corpo

Per quanto riguarda l'ordinamento generale del Corpo si è rimarcata la collocazione del Corpo nell'ambito del Ministero dell'interno facendo riferimento alle funzioni di soccorso pubblico, anti-incendio, difesa civile, affidate a tale dicastero dal decreto legislativo 300/1999, recante la riforma dell'organizzazione del Governo.

Viene modificata l'articolazione delle strutture periferiche del Corpo con l'introduzione della previsione che le direzioni regionali possano essere altresì interregionali, istituzionalizzando così una situazione di fatto di alcune realtà territoriali esistenti (come la direzione interregionale del Veneto e del Trentino-Alto Adige). Inoltre, sono aboliti i comandi provinciali, sostituiti da comandi sub-regionali, in linea con l'evoluzione della riforma degli enti locali in atto.

Relativamente al personale, permane la distinzione del personale del Corpo nazionale in permanente e volontario, e viene riformulata come distinzione tra personale di ruolo e volontario, sancendo, inoltre, la sovraordinazione del primo sul secondo negli interventi di soccorso. Riguardo al personale volontario, viene ribadito il suo carattere "esterno" dal punto di vista lavorativo, stabilendo che esso rimanga escluso dalla disciplina dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, dettata dal decreto legislativo n. 81 del 2015. Nel contempo sono state introdotte misure per agevolare il passaggio di ruolo del personale volontario (vedi oltre).

Viene, inoltre, abolita la previsione degli appositi elenchi provinciali di personale volontario sostituiti da elenchi distinti in due tipologie, per le necessità da un lato dei distaccamenti volontari, dall'altro delle strutture centrali e periferiche.

 

La richiesta di istituzione dei due albi era contenuta nella risoluzione approvata alla unanimità dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, nella seduta del 18 gennaio 2017, (n. 8-00217). La risoluzione aveva avuto origine dal testo unificato delle risoluzioni 7-00511 Plangger, 7-00781 Mucci, 7-00799 Piccione, 7-01091 Cozzolino, 7-01117 Fiano e 7-01133 La Russa.

 

Per quanto riguarda le funzioni del CNVF, la riforma incide in primo luogo sulla prevenzione incendi, ed in particolare sull'attività di certificazione antincendi di imprese e attività, adeguandola alla complessa evoluzione normativa della materia (si fa riferimento infatti non più al certificato di prevenzione incendi bensì alle procedure di prevenzione incendi che comprendono sia il certificato, sia gli altri atti e provvedimenti di prevenzione).

Diverse modifiche e integrazioni sono previste in relazione alla funzione di soccorso pubblica, tra cui la previsione che il Corpo nazionale possa collaborare alla redazione dei piani di emergenza comunali e di protezione civile su istanza degli enti locali e delle regioni di apposite convenzioni che prevedano il rimborso delle spese sostenute dal Corpo (possibilità già prevista dal DL 101/2013, art, 7-bis).

Inoltre, vengono introdotte le modifiche conseguenti al trasferimento in capo al CNVF delle competenze del Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei (ad opera del D.Lgs. 177/2016).

Sono introdotte disposizioni che incidono anche sull'attività di formazione del Corpo che nelle disciplina previgente era associata prevalentemente alla prevenzione degli incendi: essa ora assume una valenza di carattere più generale con una collocazione autonoma a fianco delle altre funzioni istituzionali. Viene, dunque, valorizzata l'attività di formazione svolta dal Corpo, sia interna, sia esterna, nell'ottica della diffusione delle cultura della sicurezza, e principalmente della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

In materia di sicurezza sul lavoro si ricorda l'introduzione, da parte del DL 93/2013, di alcune modifiche al decreto legislativo n. 81 del 2008, in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, al fine sia di includere anche il Corpo dei vigili del fuoco nella specifica disciplina riservata alle Forze di polizia e alle Forze armate in materia di regole tecniche per la realizzazione, il funzionamento e il trattamento dei dati, del Sistema informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), sia di consentire al Corpo l'effettuazione in proprio delle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, nonché delle attività di formazione e di abilitazione del proprio personale all'utilizzo delle attrezzature stesse.

Ordinamento del personale

Anche l'ordinamento del personale è stato ampiamente modificato.

Da segnalare l'aumento dei posti riservati al personale volontario per i concorsi per l'assunzione dei vigili del fuoco che viene elevata dal 25 al 35%, specificando, altresì, che essa opera in favore del personale volontario che, alla data di indizione del bando di concorso, sia iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni e abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio.

Riserve di posti sono previste anche in favore del personale volontario in possesso dei requisiti prescritti, nelle procedure per l'accesso ai ruoli dei direttivi, dei direttivi medici, dei direttivi ginnico-sportivi e per l'accesso a ruoli non dirigenti e non direttivi.

Inoltre, sono state rimodulate le procedure di progressione di carriera del personale.

Da segnalare l'ampliamento della dotazione organica del Corpo, da 36.691 a 37.481 unità, che tiene conto del transito di alcune unità dal Corpo forestale al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si tratta di 390 unità di personale transitate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in ruoli speciali antincendio boschivo (AIB) ad esaurimento. Successivamente, la dotazione organica è stata ulteriormente incrementate di 300 unità del ruolo dei vigili del fuoco (L. 205/2017, art. 1, comma 289).

Fondo per l'operatività del soccorso pubblico

Il D.Lgs. 97/2017 ha istituito, a partire dall'anno 2017, il Fondo per l'operatività del soccorso pubblico per valorizzare i compiti di natura operativa svolti in tale ambito dai Vigili del Fuoco, e le peculiari condizioni di impiego del personale del Corpo conseguenti appunto alla revisione ordinamentale operata dal medesimo D.Lgs 97.

Il nuovo Fondo è posto nello stato di previsione del Ministero dell'Interno, nell'ambito del programma di spesa "Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico" (D.Lgs. 97/2015, art. 15, comma 1).

Al Fondo è assegnata una dotazione di 39,7 mln per il 2017 e 81,730 mln dal 2018; a questi sono da attribuirsi ulteriori importi da determinarsi con proprio decreto da parte del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia. In attuazione di tale disposizione è stato adottato il decreto interministeriale 17 novembre 2017 che ha incrementato la dotazione del fondo (rispettivamente per 19,3 e 21,3 mln) e che risulta pertanto di 59 mln per il 2017 e di 103,3 mln dal 2018.

La ripartizione del fondo è stata operata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2018. Le categorie interessate dalle misure economiche sono il personale non direttivo e non dirigente ed il personale direttivo del comparto autonomo di negoziazione "Vigili del fuoco e soccorso pubblico".

Nella tabella che segue sono sintetizzate le modalità di riparto del Fondo (gli importi sono in milioni di euro e sono comprensivi degli oneri previdenziali ed erariali a carico dello Stato).

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