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Temi dell'attività parlamentare

Finanza, fisco e patrimonio pubblico
Commissione: VI Finanze
Banche e mercati finanziari
Tassazione degli strumenti finanziari

Gli interventi sulla tassazione del settore finanziario hanno perseguito, da un lato, la finalità di spostare il peso della tassazione dal lavoro ai redditi di natura finanziaria, in linea con le indicazioni della Commissione UE e degli organismi internazionali.

Sotto un diverso profilo, le agevolazioni introdotte dal legislatore hanno inteso favorire la diffusione degli strumenti di finanziamento del settore produttivo, in particolar modo quelli emessi dalle piccole e medie imprese italiane in alternativa al finanziamento con prestiti bancari. 

 
La revisione della tassazione dei redditi di natura finanziaria
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16/02/2018

A decorrere dal 1° luglio 2014, l'aliquota della tassazione dei redditi di natura finanziaria è stata innalzata dal 20 al 26 per cento (per effetto dell'articolo 3 del decreto-legge n. 66 del 2014).

Sono esclusi da tale aumento tra gli altri, i titoli di Stato ed equiparati ed i titoli emessi da altri Stati (cd. white list, vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), per cui la tassazione rimane fissata al 12,5 per cento: a tale aliquota sono assoggettati anche i cd. project bond (titoli di scopo emesse da società che realizzano un progetto infrastrutturale o un servizio di pubblica utilità, per finanziarne la realizzazione), i buoni postali, le emissioni della "gestione separata" di Cassa depositi e prestiti per il finanziamento degli investimenti pubblici.

Una precedente revisione delle aliquote era già stata effettuata con il decreto-legge n. 138 nel 2011, che aveva complessivamente riformato a partire dal 1° gennaio 2012 il sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria, per unificare le previgenti misure (del 12,50 per cento e del 27 per cento, rispettivamente previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi) portandole ad un'aliquota intermedia del 20 per cento.

La legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 621 a 625 della legge n. 190 del 2014) ha elevato l'aliquota di tassazione dei fondi pensione dall'11 al 20 per cento, e dall'11 al 17 per cento quella relativa alla rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto). Lo stesso provvedimento (articolo 1, commi da 91 a 95) ha introdotto, a decorrere dal 2015, due crediti d'imposta a favore degli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private) e dei fondi pensione, riconosciuti nella misura del 9 per cento per i fondi pensione e del 6 per cento alle casse di previdenza, a compensazione dei predetti incrementi.

Nel solco dell'uniformazione della tassazione delle rendite finanziarie, la legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 999-1006 della legge n. 205 del 2017) ha assoggettato i redditi di capitale e i redditi diversi conseguiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio dell'attività d'impresa, in relazione al possesso e alla cessione di partecipazioni societarie qualificate, a ritenuta a titolo d'imposta con aliquota al 26 per cento, analogamente a quanto previsto per le partecipazioni non qualificate.

Dossier
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Investimenti a lungo termine e piani individuali di risparmio (PIR)
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16/02/2018

Con la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, articolo 1, commi 88-114) sono state introdotte agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine (per almeno cinque anni) nelle imprese e in particolar modo nelle PMI.

Tale scopo è stato perseguito anzitutto detassando i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno cinque anni) nel capitale delle imprese, se effettuati dalle casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento dei loro asset. Le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono assoggettate alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura agevolata, ovvero nella misura fissa di 200 euro.

Inoltre, sono esentati da tassazione i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche, al di fuori di attività di impresa commerciale, se derivano da investimenti effettuati nei cd. piani di risparmio a lungo termine. I piani individuali di risparmio (c.d. PIR), per beneficiare dell'esenzione, devono essere detenuti per almeno 5 anni: si tratta di investimenti nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le PMI, nei limiti di 30 mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150 mila euro. Sono gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione, i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio.

Con successive disposizioni (contenute nel decreto-legge n. 50 del 2017) è stato precisato il regime fiscale applicabile in caso di cessione degli investimenti prima del quinquennio; il  provvedimento ha inoltre consentito l'investimento nei PIR anche da parte delle casse di previdenza e dei fondi pensione, con l'applicazione del regime fiscale agevolato che ne prevede la detassazione, a specifiche condizioni. Inoltre, per i predetti enti, gli investimenti nei PIR non sono sottoposti ai limiti quantitativi previsti dalla legge per le persone fisiche.

La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, art. 1, comma 73) ha previsto che gli enti di previdenza e i fondi pensione, nell'ambito degli investimenti a lungo termine, possano investire somme, fino al 5 per cento dell'attivo patrimoniale, nell'acquisto di quote di prestiti o di fondi di credito cartolarizzati erogati o originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti non professionali (c.d. peer to peer lending), gestite da intermediari finanziari, da istituti di pagamento ovvero da soggetti vigilati operanti sul territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell'UE.

La medesima legge (legge n. 205 del 2017, art. 1, comma 80) ha inoltre ammesso tra le imprese in cui deve essere investito almeno il 70 per cento dei PIR anche quelle imprese che svolgono un'attività immobiliare.

 

Focus
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L'imposta sulle transazioni finanziarie e sui derivati (Tobin tax)
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16/02/2018

La legge di stabilità 2013 (articolo 1, commi da 491 a 500 della legge n. 228 del 2012) ha introdotto un'imposta sulle transazioni finanziarie sulle seguenti operazioni:

  • trasferimento della proprietà di azioni ed altri strumenti partecipativi emessi da soggetti residenti, nonché di titoli rappresentativi dei predetti strumenti indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente, con un'aliquota pari allo 0,2 per cento del valore della transazione se le operazioni di acquisto sono effettuate fuori dai mercati regolamentati (over the counter); l'aliquota è dell'0,1 per cento per le operazioni concluse in mercati regolamentati o con sistemi multilaterali di negoziazione;
  • operazioni sui cosiddetti strumenti derivati, ad imposta in misura fissa,determinata con riferimento alla tipologia di strumento e al valore del contratto,secondo la tabella 3 allegata alla legge di stabilità.

 

Un'imposta sulle transazioni finanziarie era già prevista nell'ordinamento italiano prima del 2007: era applicata su ciascuna operazione di borsa nella misura dell'1,4 per mille. Essa è stata definitivamente cancellata con il decreto legge n. 248 del 2007.

Sul sito dell'Agenzia delle Entrate è pubblicata una scheda informativa che individua, tra l'altro, la normativa e la prassi relative all'imposta sulle transazioni finanziarie. 

Focus
Documenti e risorse WEB
 
La proposta della Commissione europea
16/02/2018

A livello europeo si segnala che il 14 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2013)71) relativa all'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie negli 11 Paesi (Belgio, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Austria, Portogallo, Slovenia e Slovacchia) che hanno richiesto – e ottenuto, a seguito dell'approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio dell'UE – di procedere ad una cooperazione rafforzata in questo ambito (scelta che si è resa necessaria per l'impossibilità di raggiungere l'unanimità dei 27 Governi degli Stati membri richiesta dai Trattati nel settore della fiscalità). La proposta di direttiva prevede, al fine di ridurre al minimo le possibilità di elusione, di assoggettare ad imposta tutte le transazioni finanziarie in cui una delle parti è stabilita in uno Stato membro partecipante ("principio di residenza"), nonché quelle che riguardano strumenti finanziari emessi negli 11 Stati membri, anche se quanti li negoziano non sono stabiliti nei medesimi 11 Stati ("principio di emissione"). L'aliquota sarebbe dello 0,1per cento per le azioni e obbligazioni e dello 0,01 per cento per i derivati. L'imposta non si applicherebbe alle attività finanziarie dei cittadini e delle imprese (ad esempio a prestiti, pagamenti, assicurazioni, depositi ecc.). Secondo i dati forniti nella valutazione d'impatto della Commissione europea, l'imposta sulle transazioni finanziarie dovrebbe produrre entrate di 30-35 miliardi di euro l'anno. 

Nella risposta all'interrogazione a risposta immediata in commissione 5/05700 (del 4 giugno 2015) il Governo riferiva in merito agli sviluppi del negoziato, rilevando che il lavoro sul punto stava proseguendo sulla base degli orientamenti espresso dai Ministri cooperanti.

L'Estonia ha espletato il 16 marzo 2016 le formalità necessarie per interrompere la sua partecipazione alla cooperazione rafforzata in materia di detta imposta; la procedura dunque rimane circoscritta ai 10 altri Stati membri e la proposta risulta ancora in discussione.

 
Modifiche all'IVAFE ed all'imposta di bollo
16/02/2018

L'articolo 7 della legge n. 161 del 2014 (legge europea 2013-bis) ha ristretto l'ambito oggettivo dell'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero (IVAFE) dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Si prevede in particolare che, a decorrere dall'anno 2014, l'imposta è dovuta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero, in luogo della precedente formulazione che la rapportava al più ampio concetto di "attività finanziarie".

Si ricorda che l'IVAFE - imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero (articolo 19, commi 18-21 del D.L. n. 201 del 2011)- colpisce il valore di mercato delle attività finanziarie, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui esse sono detenute e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.

In materia di imposta di bollo, si rammenta in questa sede che la legge di stabilità 2014 (L. n.147 del 2013, commi 581-582):

  • ha incrementato (dall'1,5 per mille al 2 per mille) l'imposta di bollo sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, abolendo dal 2014 la soglia minima di imposta (fissata in misura pari a 34,20 euro) e aumentando, contestualmente, nel caso di soggetto diverso da persona fisica, la misura massima dell'imposta da 4.500 a 14.000 euro;
  • ha incrementato (dall'1,5 per mille al 2 per mille) la già citata imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (IVAFE).
 
Strumenti di finanziamento alle imprese
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16/02/2018

Si ricorda che i decreti-legge sviluppo (D.L. 83 del 2012) e sviluppo-bis (D.L. n. 179 del 2012) hanno introdotto disposizioni volte a consentire anche alle società non quotate di accedere alla raccolta del capitale di debito, a seguito della stretta del credito bancario alle imprese negli anni della crisi economica. Con una complessiva riforma delle disposizioni civilistiche e fiscali relative alle cambiali finanziariee ai titoli obbligazionari, dunque, tali provvedimenti hanno consentito alle società italiane non quotate di ricorrere all'emissione di strumenti di debito destinati ai mercati domestici ed internazionali.

I provvedimenti suddetti hanno inoltre disciplinato il regime fiscale applicabile alle emissioni obbligazionarie effettuate dalle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità (project bond) i quali, come anticipato, godono di un regime fiscale agevolato. Gli interessi derivanti dai predetti titoli sono assimilati ai titoli di Stato e, dunque, sono soggetti a tassazione sostitutiva con aliquota al 12,5%. E' previsto un regime di deducibilità agevolato degli interessi passivi per i project bond; analoghe norme valgono per le imposte di registro e ipocatastali relative alle garanzie (e le operazioni ad esse correlate) rilasciate in relazione all'emissione di project bond. Tali misure, in precedenza previste per le prime emissioni obbligazionarie di tale genere, per effetto dei decreti-legge n. 69 del 2013 e 133 del 2014 sono state rese strutturali.

L'Agenzia delle entrate con la circolare n. 4/E del 6 marzo 2013 ha indicato il regime fiscale e le modalità applicative delle disposizioni introdotte dal D.L. n. 83/2012 e dal D.L. n. 179/2012 riguardo ai nuovi strumenti di finanziamento per le PMI: cambiali finanziarie, titoli obbligazionari e project bond. Ulteriori chiarimenti sono stati forniti con la circolare n. 19/E del 27 giugno 2014, in seguito all'innalzamento al 26 per cento dell'aliquota di tassazione sui redditi finanziari.

In relazione ai titoli obbligazionari, cambiali finanziarie e simili, il decreto-legge n. 91 del 2014 ha modificato il regime fiscale dei proventi derivanti dai predetti strumenti (articolo 21); in particolare, ad essi si applica l'imposta sostitutiva al 26 per cento (in luogo della ritenuta), purché si tratti di obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie non negoziati e detenuti da uno o più investitori qualificati. Sono poi precisate le condizioni alle quali la predetta ritenuta non si applica agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR). Inoltre si chiarisce che la ritenuta non è applicata ai proventi dei titoli emessi nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione.

Per una ulteriore disamina di questi strumenti si rinvia al tema dedicato almu finanziamento del sistema produttivo.

 

Vedi anche